Francesco Benazzi. 6 ospedali, una cittadella avveniristica e l’Università
Il DG Ulss 2: «Le riunioni con la Regione ci hanno dato forza. I momenti più belli? La Cittadella sanitaria e il Corso di Medicina a Treviso»

Prosegue con Francesco Benazzi il nostro ciclo di interviste ai Direttori Generali che da 5 anni guidano la Sanità del Veneto. Il loro lavoro, i loro progetti per il futuro e i sogni nel cassetto: “capitani d’impresa” che ogni giorno s’impegnano per erogare servizi di alto livello.
Classe ’56, medico, Francesco Benazzi è Direttore Generale della Ulss 2 Marca Trevigiana che comprende 95 Comuni con 887.806 residenti. Prima di approdare in terra trevigiana ha diretto l’Ulss dell’Alta Padovana.
Direttore qual è la sua giornata tipo?
Al mattino mi alzo alle 6.00, arrivo al lavoro verso le 7.00 e iniziano i primi appuntamenti con i miei collaboratori e coi direttori Unità Operativa complessa per affrontare le diverse problematiche. Poi verso le 8.30 mi trovo con i miei collaboratori più stretti e inizia l’attività routinaria. L’Ulss ha 6 ospedali e quindi una parte del mio tempo la trascorro ad incontrare i professionisti delle varie sedi. Durante la settimana, partendo da Treviso, passo nella sede di Conegliano e nell’ex distretto di Asolo. Cerco di muovermi il più possibile per evitare che a farlo siano i professionisti.
Cosa significa essere manager in sanità in generale e, in particolare, nel corso di questa emergenza?
Significa dover avere sempre sotto controllo la situazione. Ci siamo prefissati un cruscotto quotidiano e settimanalmente valutiamo se gli obiettivi che ci siamo posti vengono o meno raggiunti. Penso, ad esempio, ai livelli essenziali di assistenza. Significa anche dover tenere quotidianamente rapporti con istituzioni e in particolare coi sindaci del territorio, con i quali abbiamo un’ottima collaborazione, e con i centri accreditati: San Camillo, Monastier, Villa Napoleon e ovviamente l’Oras, l’ospedale riabilitativo di Alta Specializzazione a Motta di Livenza. In questo delicato momento è fondamentale mantenere costanti rapporti con territorio e istituzioni.
Ci descrive la sua realtà?
Ci sono i quattro distretti sociosanitari, Treviso Nord e Sud, che comprendono ex Ulss 9 e i distretti di Asolo e quello di Pieve di Soligo. Abbiamo poi 6 ospedali organizzati in rete e abbiamo una collaborazione stretta con l’Oras che segue la parte riabilitativa cardiovascolare e di pazienti neurologici dove arrivano persone sia dalle altre Ulss sia dalla nostra. L’Ulss 2 è molto grande, ha circa 9.500 dipendenti.
Lei è arrivato che c’erano diverse Aziende Sanitarie diventate poi una. Cosa ha comportato l’unificazione?
L’unificazione è stata molto elaborata. Dal punto di vista amministrativo, abbiamo dovuto uniformare tutte le procedure e stiamo ragionando a livello dei servizi sociali con il dott. Del Re e con tutti i collaboratori per uniformare le procedure anche per quanto riguarda la disabilità e il disagio mentale. Abbiamo già sostanzialmente creato una rete importante con i centri servizi, tant’è che con i Direttori e i Presidenti abbiamo incontri in videoconferenza in modo tale da poter gestire insieme tutte le varie situazioni che cambiano quotidianamente.
Qual è stato il momento più difficile in questi anni?
Sicuramente quello del Covid-19. Devo dire che ci siamo sentiti sostenuti in questo momento complesso. Il Presidente Zaia ha creato incontri continui e costanti, direi giornalieri, con noi direttori generali e con il gruppo della Direzione Regionale e la dottoressa Russo. Tutto questo ci ha dato veramente la garanzia di essere supportati. Grazie a questo siamo riusciti a superare un momento davvero difficile. Ricordo ancora quando tutto è iniziato: quel 23 febbraio quando per la prima volta una badante ha portato il Covid-19 nel reparto di geriatria. Quindi il conseguente isolamento del reparto, la chiusura dello stesso quando gli operatori sono diventati positivi; e comunque abbiamo deciso, con molti sforzi, di lasciare aperto l’ospedale per dare risposte alla popolazione. Ringrazio tutti i collaboratori perché se siamo riusciti a superare tutto ciò è merito anche loro.
Quale considera il suo maggior successo?
Credo la Cittadella sanitaria dell’ospedale di Treviso perché è stata un’operazione importante che ci ha molto impegnati e che è una realtà fondamentale per la città. Poi grazie al Presidente Zaia siamo riusciti a portare il corso di laurea in Medicina a Treviso, altro obiettivo che ritengo straordinario per la città e non solo.
Il suo sogno nel cassetto?
Chiaramente vedere la fine dell’opera della Cittadella sanitaria.
Com’è cambiato il modo di erogare servizi con il Covid-19?
Abbiamo dovuto ridisegnare molte cose in base alle linee guida: riorganizzare le visite ambulatoriali, gli interventi chirurgici per le regole di distanziamento e di igienizzazione, ad esempio. Questo ci ha costretti ad un cambio di mentalità. Tutto questo ci ha portati ad una maggiore attenzione e ha richiesto anche agli operatori un cambio di approccio con i pazienti: far coniugare l’umanizzazione mantenendo alte le difese. E direi che all’inizio non è stato facile, ma il sistema ha saputo adeguarsi creando un nuovo modo di comunicare, nonostante il distanziamento e i dispositivi di protezione.
(ph: Facebook Francesco Benazzi)